GIULIA GANUGI

Sociologa – Ricercatrice sociale – Innovatrice accademica

Sophia Lauren in una foto in bianco e nero, mentre si prepara per partire in sella alla sua bici

La bicicletta come simbolo di democrazia

“La bici è il mezzo di locomozione più democratico a disposizione dell’umanità: non causa guerre, non inquina, riduce gli incidenti stradali, elimina le distanze tra i popoli, è uno strumento di crescita per l’infanzia, e in passato è stata usata dai movimenti di liberazione e resistenza.”

Così recita la candidatura della bicicletta al premio Nobel per la pace nel 2016. Ne ho raccontato la storia in un breve video, ma qui vogliamo soffermarci sul contenuto di questa candidatura: la bicicletta come simbolo di democrazia.

Ma in che senso?

Democratico è inteso in senso esteso, di qualcosa che è rispettoso dei diritti e delle esigenze altrui e che ne permette l’inclusione. La bicicletta è un mezzo di trasporto, di gioco e di socializzazione. È accessibile alla maggior parte delle persone e permette di livellare le differenze sociali, culturali, economiche e politiche. Siamo tuttз uguali su una bicicletta e questo le attribuisce già un carattere di sostenibilità sociale.

Non per niente, è il mezzo di trasporto che accompagna la nostra storia umana da 150 anni, rivelandosi uno strumento a supporto di varie battaglie ed emancipazioni. Inoltre, la bicicletta è ovviamente uno strumento di sostenibilità ambientale, che dovrebbe assumere sempre più importanza e centralità nella mobilità urbana.

La candidatura della bicicletta al premio Nobel per la pace è frutto di osservazioni e studi sul ruolo che la bici ha ricoperto nel corso degli anni. In base a come è stata utilizzata e da chi, la biciletta ha assunto un significato sociale e politico, che ormai è descritto e narrato in moltissimi prodotti cinematografici e letterari. Ci siamo così divertiti a iniziare una raccolta di prodotti, da saggi scientifici a film d’animazione, che parlino della bicicletta e della sua importanza nel supportare valori democratici, inclusivi, socializzanti e giusti.

Il bello della bicicletta, Marc Augè (2009 – Bollati Boringhieri)

Copertina del libro di Augè, dal titolo il bello della bicicletta

Viviamo in un momento storico in cui sembra necessario fare tutto velocemente e incastrare quante più attività possibili nell’arco della giornata. I mezzi di trasporto motorizzati ci danno la possibilità di raggiungere ogni luogo velocemente, sfrecciando da un punto A a un punto B. Così, molti luoghi delle nostre città non sono più vissuti, ma solo attraversati, causando – insieme ad altri fattori – la crisi degli spazi pubblici. Con crisi, si intende un senso di svuotamento, la perdita della funzione degli spazi di essere luoghi di socializzazione e di vita collettiva per le comunità locali. Le conseguenze a questa crisi sono l’abbandono, l’incuria e la disattenzione verso il territorio, la perdita di legami tra le comunità e i luoghi di residenza, e la depoliticizzazione degli spazi, intesa come interesse e confronto riguardo alla cosa pubblica e all’interesse della collettività.

Augè riflette sul fatto che spostarsi in città con la bicicletta aiuta a riappropriarsi degli spazi e contribuisce a tracciare sul territorio i propri percorsi, favorendo la creazione di legami con l’ambiente e le persone che lo vivono. Infatti, la lentezza della bicicletta fa sì che gli spazi pubblici tornino a essere popolati e vissuti.

Augè cita le città di Bologna e Parma e altre piccole città italiane, perché vi ha trovato una certa “felicità urbana“, dovuta in parte all’uso quotidiano della bicicletta nel centro città.

Elogio della bicicletta, Ivan Illich (2006 – Bollati Boringhieri)

Un saggio apparentemente ostico a una prima lettura, ma vale la pena affrontarlo. Illich sviluppa un’accurata comparazione tra la bicicletta e il veicolo a motore: i costi economici ed energetici, l’inquinamento che provocano (o non provocano), il tempo necessario e l’accessibilità del loro utilizzo, l’uguaglianza sociale (o la disuguaglianza) che producono. Non sarà che, alla fine, la bicicletta risulti decisamente migliore del motore?

“L’industria del trasporto, da quando le sue macchine hanno potuto mettere dietro ogni passeggero più d’un certo numero di cavalli-vapore, ha diminuito l’uguaglianza tra gli uomini, ha vincolato la loro mobilità a una rete di percorsi disegnata con criteri industriali e ha creato una penuria di tempo d’una gravità senza precedenti.”

E ancora: “Un paese si può definire sottoattrezzato quando non è in grado di dotare ogni cittadino d’una bicicletta o di fornire come supplemento un cambio a cinque velocità a chi voglia trasportare gente pedalando. È sottoattrezzato se non può offrire buone strade ciclabili oppure un servizio pubblico gratuito di trasporto motorizzato (ma alla velocità delle bicilette!) per chi intende viaggiare per più di poche ore consecutive. Non esiste alcuna ragione tecnica, economica o ecologica perché in qualsiasi luogo si debba oggi tollerare una simile arretratezza.”

storia sociale della bicicletta, Stefano Pivato (2019, Il Mulino)

La bicicletta ha accompagnato le lotte, le guerre, le rivoluzioni e le conquiste di tuttз noi. Ha significato indipendenza per le donne che hanno iniziato spostarsi da sole. Ha contribuito al cambiamento della moda femminile. È diventata il mezzo di trasporto dei preti, non senza ostacoli. È stata strumento di lotta partigiana e di parità tra generi, quando le donne si sono battute per avere gare riservate a loro.

Una delle storie raccontate da Pivato che più mi ha appassionato è quella delle Staffette Partigiane. Durante la seconda guerra mondiale, in Italia, molte donne hanno supportato la resistenza dei Partigiani contro l’occupazione fascista e nazista utilizzando le loro biciclette. Le usavano per portare messaggi da un gruppo di partigiani a un altro, distribuire giornali clandestini, a volte trasportare armi, e portare viveri, indumenti e medicinali. Proprio per questo, dopo la Liberazione, 35.000 Staffette Partigiane sono state insignite del titolo di combattenti.

Luca, regia di Enrico Casarosa (Pixar Animation Studios, 2021)

La bicicletta ha spesso un ruolo di crescita nei film: imparare ad andare in bici è uno dei primi passi per essere adultз e indipendentз. Il primo incontro tra Luca, Alberto e Giulia avviene non a caso mentre lei consegna in bicicletta il pesce pescato dal padre. Si guadagna i soldi per partecipare alla gara annuale che si svolge a Portorosso e che consiste di tre sfide: nuoto, mangiare pasta e bicicletta. Tuttз e tre lз protagonistз hanno un obiettivo con questa gara: da una parte avere dei soldi per potersi comprare una Vespa ed esplorare quel nuovo modo in superficie, dall’altra ottenere giustizia, o quantomeno una rivalsa sul “regno di terrore” del prepotente Ercole. Però qui la bicicletta racconta qualcosa di più. Luca deve imparare ad utilizzare la bicicletta anche su strade difficoltose e contando unicamente contando sulle proprie capacità, senza la “conoscenza” di Alberto del mondo in superficie.

Questo lo rende sempre più confidente e sicuro di sé, oltre che indipendente da quelle che sono le convinzioni e pensieri di Alberto. La gara finale poi mostra perfettamente il ruolo democratico della bicicletta: non importa che Alberto e Luca non siano umani, sono loro ad aver vinto la gara e questo basta. Massimo li ha conosciuti per quello che erano e in quel momento, da più feroce dei cacciatori di mostri marini, diventa il primo a riconoscerli come parte della comunità, anche se diversi dallз altrз cittadinз.

E.T: L’extraterrestre, regia di Steven Spielberg (Ambli Entertainment, 1984)

In questo film c’è forse una delle scene più iconiche del cinema che ha come protagonista indiscussa la bicicletta, ovvero la fuga di Elliott ed ET dalla polizia. Ancora una volta, abbiamo un gruppo di protagonistз giovani, adolescenti. Il loro unico mezzo per spostarsi è ovviamente la bicicletta, e lo è stato probabilmente per tuttз noi: è il primo mezzo di trasporto che ci responsabilizza non solo sul possesso di un oggetto di cui prendersi cura, ma anche sulla nostra libertà di movimento. Ancora una volta quindi torna il tema dell’indipendenza. Si aggiunge poi la dinamica di gruppo, ed ET non sarà l’unico film dove un gruppo di ragazzinз va all’avventura con delle biciclette: I Goonies e Stranger Things sono altri esempi di questo tipo di narrazione – tutti ambientati negli anni ’80, peraltro!

Infatti quel mezzo è un’espressione della propria personalità e identità: il colore, gli adesivi e gli accessori con cui si decora la bicicletta sono un modo per renderla personale ma anche talvolta per mostrarsi in un certo modo allз altrз. La bicicletta ci permette le prime esplorazioni del mondo, perché possiamo davvero andare dove ci pare – rispettando certe regole. Si ha il controllo, si possono fare delle proprie scelte senza necessariamente la supervisione di qualcunǝ.

Ratatouille, regia di Brad Bird e Jan Pinkava (Pixar Animation Studios, 2007)

La bicicletta è accessibilità e sostenibilità. I mezzi di trasporto hanno un costo spesso proibitivo: gli abbonamenti dei mezzi pubblici non sono di certo bassi da nessuna parte e l’automobile ha parecchi inconvenienti, sia di costi per il carburante ma anche di manutenzione, e i parcheggi gratuiti si riempiono in fretta in città che ormai non hanno più spazio per nessunǝ. Non è un caso che Alfredo Linguini, giovane aspirante cuoco, nei primi momenti in cui compare nel film utilizza una bicicletta che porta rigorosamente nel suo appartamento piccolo e scomodo. Linguini non è agiato e non può permettersi né l’auto né tantomeno un posto dove tenerla.

Non è un caso nemmeno che in una delle scene in bicicletta rischi di essere investito da automobili. Perché infatti le strade spesso sono fatte su misura per le sole auto. Le biciclette non hanno sempre garantite piste ciclabili e infrastrutture sicure per poter viaggiare sulle strade urbane e devono confrontarsi con un traffico ostile. Chi vive in città come Bologna o Padova sa bene però quanto la bicicletta sia il mezzo ideale per le città, perché oltre a non inquinare, garantisce uno spazio occupato minore e maggiore accessibilità anche alle zone del centro spesso trafficate, oltre che una maggiore sicurezza.

cosa ne pensiamo?

A noi piace tantissimo come l’importanza del ruolo sociale, politico e ambientale della bicicletta emerga sia in libri di saggistica sia in prodotti cinematografici. D’altronde, se i primi osservano e descrivono la società, i secondi sono espressione della società, degli attori che la compongono e delle loro azioni, avendo allo stesso tempo il potere di mandare messaggi a noi che li guardiamo e di avere un impatto sulle nostre azioni.

Ovviamente i 3 libri e i 3 film che abbiamo incluso in questo articolo sono solo alcuni dei tanti esistenti. E anzi, molti ci sono già stati segnalati nei commenti del nostro post su instagram: così abbiamo deciso di rendere pubblica questa lista di suggerimenti. È consultabile e scaricabile qui. Inoltre, siamo sicuri che ce ne sono tanti altri, anche stranieri. Quindi se hai dei suggerimenti da includere nella lista, condividili con noi nei commenti a questo articolo e integreremo la lista.

 

Credits: la foto in copertina appartiene alla collezione di Steven Rea, un critico cinematografico del Philadelphia Inquirer, che ha raccolto foto di personaggi famosi in bici. Ne parla Il Post in questo articolo.

Stefano Migliorati
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