GIULIA GANUGI

Sociologa – Ricercatrice sociale – Innovatrice accademica

Tramonto sull'appennino toscano con un cielo chiazzato di nuvole dense e morbide colorate di rosso a rappresentare il riassunto di un'estate

Il riassunto di un’estate accademica: tra riforme, ferie e ritrovate motivazioni

Settembre sta per concludersi e l’autunno è cominciato. Domenica siamo andati a votare. Le lezioni all’università sono ricominciate. Tutti segnali che dichiarano ufficialmente finita l’estate del 2022. Quale momento migliore per scrivere il riassunto di un’estate accademica, di una ricercatrice precaria universitaria?

LE FERIE

Fin da bambinз, ci abituiamo ad associare l’estate con le vacanze. Ma da quando ho iniziato il dottorato, ho imparato che le ferie non vengono contemplate né nei contratti di dottorato né negli assegni di ricerca (i nuovi contratti di ricerca sembra che le introducano: ne parlo più avanti in questo articolo).

Oltre a non essere menzionate nei contratti, la pressione sociale interna all’ambiente accademico, riguardo alle ferie, è fortissima. Molto spesso viene dato per scontato che dottorandз e assegnistз non ci vadano in ferie. O al massimo ci vadano nella settimana di ferragosto, in cui ovviamente costa tutto il doppio e che non si avvicina minimamente al numero di giorni di ferie sarebbe giusto avere in rapporto ai giorni lavorati (nelle aziende private, le ferie si aggirano tra i 20 e i 35).

Io e il mio compagno di spalle a un tramonto su dune di sabbia

Il tramonto e le dune di sabbia nel Parco Nazionale del Lencois, Brasile.

Avere giorni di riposo mentale è un diritto e averne bisogno non può essere considerato una colpa.

Quest’anno – dopo tre anni di dottorato e quattro di assegni di ricerca – sono riuscita a rivendicare apertamente le mie ferie e, in più, a farle in un periodo insolito (a giugno), perché il mio compagno le aveva in quel periodo ed era importante per me ritagliarci questo momento insieme. Non è stato facile e i primi due giorni di ferie ho avuto malessere fisico a causa di ansia e senso di colpa.

In ogni caso, è importante reclamare il diritto alle ferie e dichiarare quando le si fa, per contribuire a cambiare un approccio lavorativo sbagliato. Ma è anche normale che ci siano periodi o situazioni in cui non riusciamo a farlo, perché non possiamo avere sempre le forze per esporci tanto. Però allora non rinunciamo a quel riposo e a quelle ferie necessarie. Troviamo un modo per rallentare comunque, portandoci il computer ma tenendolo spento, o staccando completamente anche solo un giorno. E se possibile parliamone almeno con una parte di colleghз o con qualcunǝ che potrebbe affrontare la stessa difficoltà.

LA RIFORMA

A proposito di difficoltà, il 1° luglio è stata approvata la riforma del precariato universitario, che invece di facilitare la vita dei precarз la rende più difficile. Non solo non supporta la stabilizzazione di chi è già precariǝ, ma sembra che aumenterà il numero di persone espulse dalla carriera accademica.

Riassumo qui i punti che mi hanno colpito di più e alcuni dei problemi che la riforma porta con sé. Come scrivevo qui, la riforma è lunga 509 pagine: per forza di cosa, non posso riportarla tutta.

  • Contratto di ricerca: sostituisce gli assegni di ricerca ed è un vero e proprio contratto di lavoro (assimilabile a post-doc di altri paesi europei). Prevede il riconoscimento di ferie, tredicesima, contributi previdenziali maggiori e uno stipendio più alto. La durata è di 2 anni. Se il progetto è finanziato da fondo nazionale europeo o extra-europeo, diventa di 2 anni + 1. La durata complessiva dei contratti di ricerca è di 5 anni, per un totale di 2 contratti anche stipulati da istituzioni diverse.
  • Ricercatorǝ tenure track (RTT): sostituisce lǝ ricercatrǝ a tempo determinato A e B. La durata è di 6 anni, non rinnovabili. La posizione viene aperta in ottica di assumere la persona come professorǝ associatǝ. È possibile richiedere la valutazione del proprio profilo per accedere all’associatura a partire dalla fine del terzo anno per ogni anno, previo superamento di prova didattica.
  • Tecnologǝ a tempo indeterminato: nuova figura introdotta per supporto a coordinamento della ricerca, promozione del processo di trasferimento tecnologico, progettazione e gestione delle infrastrutture, tutela della proprietà industriale. Sembra reintrodurre la figura del ricercatorǝ a tempo indeterminato precedente alla Riforma Gelmini.
  • Borsa di ricerca: non è più utilizzabile per persone dottorate (PhD), ma solo per persone laureate (pre-doc).

Tutte queste novità sarebbero anche positive, perché sembrano strutturare posizioni precarie e accorciare il periodo di vita trascorso nel precariato.



Io che guardo in camera con sguardo di intesa facendo con le dita il simbolo dei soldi

Dove è il problema?

Nei soldi. Il costo di un assegno di ricerca (pre-riforma) è di 25.000 euro. Il costo di un contratto di ricerca (post-riforma) è tra i 37.000 e i 40.000. Ma il tetto di spesa per ogni ateneo non cambia, ovvero gli atenei non possono attivare contratti di ricerca oltre l’importo definito dalla media degli assegni di ricerca degli ultimi tre anni. Si stima quindi che il numero dei contratti erogati sarà la metà dei precedenti assegni. Inoltre, il PNRR sta già finanziando molti dottorati in più rispetto agli anni scorsi. Tra 3-4 anni, ci saranno ancora più persone con dottorato che non avranno accesso al prosieguo della carriera accademica, per mancanza di risorse da parte degli atenei.

Quali atenei saranno in grado di avere le risorse per coprire i costi dei contratti di ricerca che aumentano del 30-40%? Gli atenei più grossi e quelli dove ci sono dipartimento di eccellenza. Mentre quelli più piccoli non ce la faranno, con la conseguenza che stipuleranno meno contratti di ricerca e meno RTT.

In conclusione, chi ci perde in tutto questo scenario? Prima di tutto, noi. Cioè lз precarз, perché saremo quellз sacrificatз. Ci sarà posto per pochissimз e la maggior parte sarà lasciata a casa. In secondo luogo, i piccoli atenei e dipartimenti, perché con meno persone e meno ricerca svolta riceveranno ancora meno fondi, a vantaggio di quelli più grandi e più ricchi che ne riceveranno ancora di più.

A seguito della riforma si è formato un gruppo di ricercatorз precarз al fine di organizzare una risposta collettiva. In questi mesi sono stati pubblicati tanti articoli critici nei confronti della riforma. Quello che trovo più accurato e approfondito è l’articolo di Lorenzo Zamponi, ricercatore in sociologia alla Scuola Normale Superiore di Firenze, dal titolo “Il collo di bottiglia” su Jacobin Italia.

RITROVATE MOTIVAZIONI

“Non tutto è perduto”, dice un detto. Lo riciclo per concludere l’articolo con una nota positiva. Per me quest’estate ha anche significato riflettere sui motivi che mi spingono a proseguire il mio lavoro in università. Ogni tanto fa bene ricordarseli per contrastare gli aspetti negativi del precariato e dello stress

  • Fare ricerca, studiando problemi della società e come migliorare le condizioni di vita delle persone.
  • Relazionarmi con tanti attori diversi: cittadinз, pubblica amministrazione, terzo settore, imprese private.
  • Insegnare a studentз già in età adulta, con cui c’è confronto e crescita reciproca, innovando – nel mio piccolo – il modo di insegnamento in aula, contaminando quest’ultima con il territorio e sperimentando lezioni sempre più creative.
  • Creare reti internazionali, avendo anche la possibilità di viaggiare.

Molte persone danno per scontato che la motivazione principale sia la passione verso i miei temi di ricerca e verso lo studio in generale. Sì, la passione ovviamente c’è. Ma io non credo sia sufficiente per motivarci nel lavoro.

Sicuramente è molto meglio, mentalmente, lavorare su qualcosa che ci piace, ma possiamo alimentare le nostre passioni anche nel tempo libero, sviluppando un hobby o anche solo leggendo e informandoci su quello che ci interessa. Quello che ci spinge a portare avanti un lavoro sono obiettivi precisi e che possiamo raggiungere.

obiettivi

La mia postazione di lavoro su un tavolo circolare bianco in un co-working

La mia postazione di lavoro in un nuovo co-working a Modena: Roots.

A proposito di obiettivi, io ne ho uno a brevissimo termine, su cui sono riuscita a lavorare un po’ questa estate. Si tratta della pubblicazione della mia tesi di dottorato, che una volta ottenuto il titolo rischia di rimanere archiviata nei cataloghi dell’università. Di norma, visto tutto il lavoro fatto vale la pena ricavarci delle pubblicazioni scientifiche: paper scientifici o un libro.

Io sto lavorando al libro. Ma pubblicare un testo scientifico, che leggeranno poche persone e che servirà solo per la valutazione del mio curriculum vitae, non è tra le mie aspirazioni. Vorrei che fosse un libro capace di rivolgersi, non solo a sociologз del settore, ma anche a tutte le persone interessate al tema della vita in città e dell’uso dello spazio pubblico come risorsa per la comunità di abitanti. Così sto riscrivendo la tesi, aggiungendo – oltre al linguaggio scientifico – un altro registro stilistico: quello narrativo dello story telling!

Ogni capitolo ha introduzione e conclusione narrative, in cui racconto il processo che ho affrontato durante la ricerca: cosa ho provato, quali sono state le difficoltà, perché ho preso certe scelte, cosa pensavo. Inoltre, ogni parola chiave della ricerca ha un box dedicato, dove la descrivo con esempi legati alla nostra vita quotidiana e in parole semplici. In questo modo, vorrei mostrare l’utilità della mia ricerca e accompagnare lǝ lettorǝ a scoprire il viaggio di ricerca che solitamente non emerge da un saggio scientifico, ma che lǝ ricercatorǝ affronta e che influenza molto la ricerca stessa.

Il calore con cui la mia idea è stata accolta da chi mi segue su Instagram è stato talmente forte, che mi sta servendo come ulteriore motivazione per completare il libro. Procedo lentamente, ma costantemente e non vedo l’ora di poter dire: l’ho finito ed è pubblicato!

Questo è il riassunto di un’estate accademica.

L’anno accademico ora è ricominciato: i progetti che riprendono sono tanti e ce n’è qualcuno nuovo in partenza. Una bella novità è che da questo semestre, sono professoressa a contratto e avrò un mio corso di insegnamento all’università: trovi l’aggiornamento nella mia pagina “chi sono“. Nel frattempo mi sto anche candidando per posizioni più strutturate nelle università che bandiscono posizioni da ricercatorǝ a tempo determinato. Insomma, tutto deve ancora definirsi ma tanto è già partito e cercherò di raccontarlo anche qui nei prossimi articoli.

Tu ti sei ritrovatǝ in qualcosa che ho vissuto questa estate? Oppure raccontami nei commenti cosa ha significato l’estate per te e cosa hai in programma per la ripresa?

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